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捕风捉影 bǔ fēng zhuō yǐng Catturare il vento, afferrare l'ombra

 捕风捉影
bǔ fēng zhuō yǐng
Catturare il vento, afferrare l'ombra





Carissimi lettori,

oggi vorrei parlarvi del chengyu 捕风捉影 (bǔ fēng zhuō yǐng). Questo idioma cinese compare per la prima volta nell’《汉书》 (hàn shū – Libro degli Han), l’opera monumentale dello storico 班固 (bān gù), completata nel I secolo d.C.

Appare in un celebre passaggio in cui Ban Gu critica duramente i metodi con cui l’imperatore Wu della dinastia Han dissipava le risorse dell’impero nella ricerca dell’immortalità:

听其言,洋洋满耳,
tīng qí yán, yángyáng mǎn ěr, 
Le loro parole riempiono le orecchie di grandiosità, 

若将可遇; 
ruò jiāng kě yù; 
e sembra quasi che si possano realizzare;

求之,荡荡如系风捕景,
qiú zhī, dàng dàng rú xì fēng bǔ jǐng, 
ma cercarle è vano come legare il vento e catturare le ombre, 

终不可得。
zhōng bùkě dé.
alla fine è impossibile ottenere qualcosa.

L’imperatore Wu degli Han (汉武帝, hàn wǔdì, regno 141–87 a.C.) fu uno dei sovrani più potenti e influenti della Cina antica. Espanse notevolmente i confini imperiali e rafforzò la centralizzazione del potere, ma più avanti negli anni cadde ossessionato dall’idea di sconfiggere la morte. Sperperò immense ricchezze finanziando sciamani, alchimisti e spedizioni alla ricerca di elisir miracolosi, in una corsa disperata che Ban Gu condanna come un vano tentativo di “catturare il vento”.

Il significato originale del chengyu era quindi una condanna razionale della superstizione e della ricerca dell'impossibile. Oggi, 捕风捉影 (evoluzione nel tempo dell’espressione 系风捕景) descrive qualsiasi tentativo di agire o accusare qualcuno basandosi su indizi vaghi, prove inconsistenti o semplici voci, come anche di tentare di conoscere o afferrare ciò che è intrinsecamente sfuggente, illusorio o impossibile da possedere.

Eppure, l’essenza di questa critica trova un’eco tragica e sorprendentemente perfetta in una vicenda avvenuta oltre un secolo dopo l’imperatore Wu, che ha come protagonista l’allora imperatore 汉成帝 (Hàn Chéngdì), negli anni in cui la dinastia Han stava avviandosi verso il suo lento e inesorabile declino.


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L’ultima notte di Han Chengdi

La notte è profonda e silenziosa. Han Chengdi vaga solitario tra i padiglioni del palazzo. In quel momento non è più l'Imperatore, ma un uomo sperso e tormentato dai fantasmi del passato. 

La voce di 赵合德 (zhào hédé, Zhao Hede) lo chiama, invitandolo a rientrare. In quell’istante, egli comprende di non essere mai stato davvero libero: libero di amare ed essere amato sinceramente, libero di scegliere il proprio destino, libero di avere un figlio. E tuttavia, ciò da cui non era mai riuscito a liberarsi erano le sue stesse ardenti passioni.

Non vi è errore più grande, per un uomo, che lasciarsi dominare dalle proprie passioni, permettere loro di renderlo sordo e cieco. 

Così era stato per lui, per troppo tempo. Cieco alla corruzione che si era diffusa nell’impero come una pestilenza. Cieco alla sete di potere delle bellissime sorelle Zhao, determinate a essere le sole a generare il futuro imperatore. Cieco alle morti inspiegabili dei propri figli, strappati alla vita appena nati.

Forse giunse un momento, alcuni anni prima, in cui anche le passioni più violente persero la loro presa sulla sua mente. Fu il giorno in cui la dama 曹宫 (cáo gōng, dama Cao) entrò nella sua vita.

Era giovane, estranea ai mali del mondo, alla brama di potere e alle invidie di corte. Pura, come lui non era mai stato. Il loro fu un amore breve ma intenso, e lei gli donò un figlio. Un figlio di cui udì il pianto una sola volta, prima che anche quello gli venisse sottratto. Poco dopo, anche la dama Cao fu imprigionata e costretta al suicidio. Una vita vissuta sotto il dominio delle passioni lo aveva reso troppo debole per opporsi.

Quando tutto fu perduto, l’immagine della dama Cao e l’eco del pianto del figlio si scolpirono per sempre nella sua memoria.

Da allora, cercò un erede con rinnovata ossessione. Consultò maghi e alchimisti, sperperò ricchezze in qualsiasi pratica potesse dargli un'altra possibilità. Un figlio che fosse non solo l'erede al trono, ma il segno che il Cielo lo avesse perdonato. Ma non ci fu alcun nuovo erede.

Da allora, la ricerca di un erede riprese con rinnovata e cieca ossessione. Consultò maghi e alchimisti, dissipò ricchezze in ogni rituale che promettesse una seconda possibilità: un figlio che non fosse solo l’erede al trono, ma il segno che il Cielo avesse perdonato la sua ignavia. Ma non ci furono eredi per lui.

Zhao Hede lo chiamò ancora. Nel suo tono non c’era più desiderio né dolcezza, solo stizza e impazienza.

Egli tornò da lei, tornò ad annegare il dolore in quelle passioni che lo avevano reso cieco. E proprio quella notte, nel 7 a.C., Han Chengdi morì.


La Storia: il dramma di Corte e la Crisi Dinastica

La tragica vicenda della dama Cao non fu un episodio isolato, ma il simbolo più eloquente della crisi che logorò gli ultimi anni di regno di Han Chengdi.

Dopo la nascita del figlio delle Dama Cao, la potente concubina Zhao Hede ne ordinò l'eliminazione. La Dama Cao fu rinchiusa e costretta al suicidio, mentre la balia e i servi a conoscenza del fatto furono messi a morte per cancellare ogni traccia.

L'imperatore, dipendente dalle concubine Zhao (le sorelle: 赵合德Zhào Hédé e 赵飞燕Zhào Fēiyàn) e dalla loro influenza, non intervenne.

Questo episodio, insieme alla morte prematura di altri figli avuti da altre concubine, lasciò l'imperatore senza un erede sopravvissuto.

La sua successiva e disperata ricerca di un figlio, consultando maghi e sperperando ricchezze in rituali, divenne una vana ossessione parallela a quella del suo antenato per l'immortalità.

Ma se l’imperatore Wu cercava di afferrare l’ombra della vita eterna, Han Chengdi inseguiva l’ombra di una discendenza che gli sfuggiva, schiacciato dal potere delle Zhao.

La morte improvvisa di Han Chengdi nel 7 a.C. lasciò il trono vacante. Il potere passò a un nipote bambino, l'Imperatore Ai, e la reggenza si consolidò saldamente nelle mani della famiglia di sua madre, i Wang. Questa instabilità creò le condizioni perfette perché, pochi anni dopo, Wang Mang potesse infine usurpare il trono (9 d.C.), ponendo fine alla dinastia Han Occidentale. La storia personale di Han Chengdi, la sua incapacità di garantire un erede e il suo governo debole, fu dunque un anello cruciale nella catena di eventi che portò al crollo della dinastia.


Nomi dei personaggi

Imperatore Cheng degli Han: 汉成帝 (Hàn Chéngdì)

Zhao Hede (la favorita imperiale): 赵合德 (Zhào Hédé)

Zhao Feiyan (sorella di Hede, Imperatrice): 赵飞燕 (Zhào Fēiyàn)

Dama Cao (concubina di rango inferiore): 曹宫 (Cáo Gōng)

Ban Gu (lo storico): 班固 (Bān Gù)

Imperatore Wu degli Han: 汉武帝 (Hàn Wǔdì)

Wang Mang (l'usurpatore): 王莽 (Wáng Mǎng)


隔岸观火 gé àn guān huǒ - Osservare il fuoco dalla riva opposta

隔岸观火
gé àn guān huǒ
Osservare il fuoco dalla riva opposta


Carissimi lettori, 

oggi parliamo di un chengyu molto interessante e significativo che risale al periodo (五代十国, Wǔ Dài Shí Guó - Cinque Dinastie e dei Dieci Regni), un'epoca di conflitti e instabilità che ha seguito la caduta della dinastia Tang.

In questo periodo fiorì una figura molto peculiare: il monaco poeta (诗僧, shī sēng)

I monaci poeti erano uomini davvero interessanti, da un lato coltivavano la ricerca interiore e la spiritualità, dall’altro usavano la poesia per trasmettere le loro intuizioni spirituali, descrivere i loro stati di coscienza elevati o semplicemente celebrare la bellezza di una vita distaccata dal mondo alla ricerca del proprio cammino interiore.

I monaci poeti erano già presenti in Cina da molti secoli, ma durante la caduta della dinastia Tang, in un mondo sempre più incerto, la via del monaco rappresentò un rifugio dai dolori del mondo e i monasteri divennero oasi di cultura e di pace, dove i monaci potevano praticare la spiritualità e la letteratura. 

È proprio in questo contesto che nasce il chengyu 隔岸观火 (gé àn guān huǒ), "osservare il fuoco dalla riva opposta" che deriva da una breve poesia che il monaco poeta: 乾康 (Qián kāng) scrisse per farsi ricevere da 齐己 (Qí Jǐ), un celebre monaco poeta dell’epoca, una delle figure più influenti e rispettate del suo tempo.


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Andando a visitare Qí Jǐ

Quanta pace tra questi alti picchi, quanto silenzio lungo questo ripido sentiero.

Mi volto e vedo un panorama tinto di rosso. Forse sono i fuochi della città, forse è il colore del tramonto, forse l’alba di una nuova guerra all’orizzonte.

Ho viaggiato a lungo e ovunque ho visto lo stesso, desolante spettacolo: l’impero, un tempo unito e potente, è ora un puzzle di regni in guerra. I generali si tradiscono l’un l’altro, i campi bruciano e la gente soffre. Il mondo sembra diventato un grande incendio in cui ognuno cerca di arraffare le ultime braci di ciò che fu.

Mi chiedo: come fanno a non essere stanchi di tutto questo?

Cammino assorto nei miei pensieri finché un monastero non si rivela davanti a me: sono arrivato.

Le mura, le cui pietre scure sono consumate dalla pioggia e dal tempo, sembrano assorbire la luce del giorno. I tetti di tegole smaltate brillano come rugiada e si incurvano verso il cielo come le spalle di un vecchio saggio. Due enormi leoni guardiani fiancheggiano il portale principale.

Un luogo maestoso, solido, radicato nella montagna: un baluardo fatto di quiete e pace, ma anche di potere e ricchezza, un argine monolitico contro il fluire turbolento del mondo.

All’ingresso, un giovane monaco con le mani nascoste nelle ampie maniche, mi chiede con voce educata la ragione della mia visita. Intuendo la mia estraneità, e senza attendere una risposta completa, mi invita con un cenno cortese in una stanza laterale per il tè.

L’aria profuma di sandalo e incenso. La stanza è piccola ma finemente arredata: colonne di legno di nanmu, lucide come specchi, sorreggono un soffitto dipinto con draghi e fenici; pesanti tende separano gli spazi e mantengono il calore; su un piccolo tavolo in legno, intagliato con grande maestria, è disposto un servizio da tè di porcellana bianca e azzurra, così raffinato che esito a sfiorarlo. 

Il giovane monaco mi porge una ciotola colma del prezioso infuso; il suo gesto è un perfetto studio di grazia distaccata. I suoi occhi compiono un rapido inventario della mia persona: il saio logoro e rattoppato, le unghie rotte, le scarpe di paglia sfilacciate. Mi riserba la stessa cortesia che si usa a corte, un'arma di esclusione vestita di seta.

Il giovane posa la ciotola e si offre di annunciarmi a 齐己 (Qíjǐ). Lo interrompo con gentilezza e chiedo soltanto un foglio di carta, un pennello e un po’ d’inchiostro. 

Stendo il foglio sulla superficie ruvida del tavolo e scrivo questi pochi versi: l’unico lasciapassare che possiedo...


《投谒齐己》tóu yè qí jǐ - Andando a Visitare Qi Ji

隔岸红尘忙似火,
gé àn hóngchén máng sì huǒ
Di là dalla riva, il mondo di polvere rossa brilla come fuoco.

当轩青嶂冷如冰。
dāng xuān qīng zhàng lěng rú bīng
Qui, davanti al padiglione, la barriera di verdi pendii è fredda come ghiaccio.

烹茶童子休相问,
pēng chá tóng zǐ xiū xiāng wèn
Fanciullo che prepari il tè, smetti di interrogarmi,

报道门前是衲僧。
Bào dào mén qián shì nà sēng
annuncia solo che alla porta c'è un monaco col saio rattoppato.


Distacco Spirituale o indifferenza?

Questo breve e splendido componimento celebra il distacco spirituale. Il rifiuto di un mondo ormai in decadenza (la polvere rossa che brilla come fuoco) per cercare la via dello spirito (la barriera di verdi pendii fredda come ghiaccio). 

In questo senso, "osservare il fuoco dalla riva opposta" è un atto di saggezza e di autopreservazione spirituale. È il comportamento di colui che cerca il distacco da un mondo illusorio e sempre più travolto dalla barbarie.

Tuttavia, sebbene il chengyu di oggi derivi da questa poesia, il suo significato si discosta dal senso del componimento ed è proprio qui che nasce l'ambiguità storica del chengyu 隔岸观火 (gé àn guān huǒ).

Perché cosa succede se quel "fuoco" non è solo il tumulto della società, ma è un'ingiustizia che brucia i deboli? Se quella "riva opposta" non è un rifugio spirituale, ma il comodo balcone di chi potrebbe aiutare ma non lo fa?

In tal senso un ritiro spirituale può rappresentare un atto di egoismo, di attaccamento verso sé stessi.

Nel linguaggio moderno, 隔岸观火 (gé àn guān huǒ) ha abbracciato proprio questo secondo significato, capovolgendo completamente la sua connotazione iniziale. Oggi questo idioma non descrive il ritiro spirituale di un monaco, ma l'atteggiamento egoista di chi, potendo assistere qualcuno in difficoltà, sceglie invece di stare a guardare, indifferente e al sicuro.

Certo non credo che questa visione potesse passare inosservata a persone dedite alla contemplazione del mondo e la spiritualità. In particolare colpisce l’ultima parola 衲僧 (nà sēng – monaco con il saio rattoppato) della poesia di Qián kāng, in cui l’autore da certamente importanza all’umiltà e alla rinuncia delle ricchezze del mondo in ogni sua forma sia quella civile che monastica. Ed è forse proprio quella la parola più importante del poema poiché lo stesso Qí jǐ era conosciuto come una persona estremamente umile che non bramava affatto la ricchezza.

In conclusione, la storia di questo chengyu ci racconta come il confine tra ascesi e indifferenza, tra ricerca interiore e fuga dalle responsabilità, è sottilissimo. La stessa azione, il distacco, può essere un viaggio verso la luce o una ritirata nell'ombra dell'orgoglio e dell’egoismo. Sta a noi, ogni volta, decidere da quale riva stiamo osservando, e se quel fuoco che brucia lontano ci chiama, in qualche modo, a non restare semplicemente a guardare.


秋水伊人 qiūshuǐ Yīrén Colei/colui a cui penso fra le acque d’autunno

秋水伊人 qiūshuǐ Yīrén Colei/colui a cui penso fra le acque d’autunno

秋水伊人
qiūshuǐ Yīrén
Lei fra le acque d'autunno

Carissimi lettori, oggi voglio parlarvi di un’antica tecnica poetica che risale allo 诗经 shījīng, il celebre Libro delle Odi, un capolavoro le cui composizioni più antiche risalgono a circa tremila anni fa e che ormai chi ci segue dovrebbe conoscere.

Questa tecnica si chiama: 複沓 (fùtà – ripetuto e sovrapposto), è una tecnica poetica nota come "ripetizione con variazione", caratterizzata dalla ripetizione di un verso, con variazioni minime ma significative.

Per chi fosse interessato ad averne una copia, ecco dove acquistarlo: Il Libro delle Odi


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Perché la tecnica Fùtà è così potente?

Questa tecnica infonde al componimento poetico una forza straordinaria, perché sfrutta due elementi opposti: la ripetizione e il cambiamento. 

Immaginiamoci di essere in una stanza dove alle pareti sono appese una serie di tele, ognuna raffigurante lo stesso canneto all’alba. 

Ad un primo sguardo le immagini sembrano identiche. Però, osservando con più attenzione tra le canne emerge un volto che prima non c’era. Nella tela successiva il volto si fa più nitido, infine nell’ultima tela il volto è scomparso. 

Il canneto passa in secondo piano, ma il volto diventa l’elemento dominante del nostro pensiero. L’esperienza assume una quarta dimensione: il tempo che scorre, si intensifica e infine scompare. Il volto non è che un semplice dettaglio ma rimane impresso nella mente di chi lo ha visto.

La tecnica della 複沓 (fùtà) è quindi molto più di un espediente poetico antico. È un pattern cognitivo profondamente radicato nella cultura cinese e nell’essere umano in generale, che sfrutta il modo in cui la nostra mente processa le informazioni: troviamo conforto e prevedibilità nella ripetizione, ma siamo stimolati e coinvolti dalla variazione. Quasi una lotta continua fra l'ordine e il caos.

Questa tecnica è presente ovunque proprio perché fa parte del nostro meccanismo mentale. 

In Occidente prende la forma dell'anafora: la ripetizione di una parola o frase all’inizio di versi o frasi successive; o della ripetizione incrementale tipica della ballata popolare britannica e germanica.

In Cina, questo stile si è mantenuto nel tempo passando nella poesia delle dinastie successive, fino alla musica e alla comunicazione dei giorni nostri. La tecnica della Fùtà sfrutta il nostro modo di percepire la realtà e di conseguenza diventa una potente alleata della nostra creatività.


《蒹葭》 (jiān jiā – le canne)

La poesia di oggi sfrutta proprio la ripetizione incrementale per infondere malinconia e significato all’incessante ricerca di un ideale. La ripetizione con variazione non solo crea un ritmo ipnotico, ma anche un senso di ricerca incessante e fallita. Ogni tentativo si scontra con la realtà mutevole e illusoria dell'oggetto del desiderio, che si sposta e trasforma proprio come un riflesso nell'acqua. 

Il poeta descrive un paesaggio autunnale, freddo e avvolto dalla brina, mentre cerca invano di raggiungere la persona amata, che appare sempre evanescente e inarrivabile.

È da questo gioco di vicinanza apparente e irraggiungibilità sostanziale che nasce il chengyu 秋水伊人 che significa letteralmente "Lei fra le acque d’autunno" ed esprime un profondo senso di nostalgia: il desiderio struggente per una persona amata lontana o irraggiungibile, ma anche per un ideale o una meta tanto anelata quanto impossibile da ottenere.

Ho diviso la poesia in questa tabella così che possiate apprezzare meglio la tecnica del Fùtà. Le tre strofe sono riportate nelle 3 diverse colonne con relativi pinyin e traduzione, nell'ultima colonna invece sono riportate le differenze fra i versi corrispondenti.

Buona lettura.

Verso Prima Strofa Seconda Strofa Terza Strofa Analisi della Variazione
1 蒹葭苍苍
Jiān jiā cāng cāng

Canne rigogliose e verdi
蒹葭凄凄
Jiān jiā qī qī

Canne lussureggianti e umide

蒹葭采采
Jiān jiā cǎi cǎi

Canne rigogliose e folte


L'attesa
Tre frasi che descrivono lo stesso canneto con sfumature diverse, suggerendo il passare del tempo. Forse una lunga attesa.

2 白露为霜
Báilù wéi shuāng

La bianca rugiada è diventata brina
白露未晞
Báilù wèi xī


La bianca rugiada non si è ancora asciugata
白露未已
Báilù wèi yǐ


La bianca rugiada non è ancora finita
Il tempo passa, ma l'attesa è vana.
Mostra una progressione temporale e di persistenza. Il freddo della brina (1°) lascia il posto all'umidità persistente (2° e 3°).
3 所谓伊人
Suǒ wèi yī rén

Colei di cui parlo

所谓伊人
Suǒ wèi yī rén

Colei di cui parlo


所谓伊人
Suǒ wèi yī rén

Colei di cui parlo


Desiderio immutabile
Qui è l'assenza di variazione che descrive l'intensità del desiderio per quella persona. Un sentimento così forte che rimane immutabile nel tempo.
4 在水一方
Zài shuǐ yī fāng

È dall'altra parte dell'acqua
在水之湄
Zài shuǐ zhī méi

È alla giunzione della riva

在水之涘
Zài shuǐ zhī sì

È al margine dell'acqua

La ricerca
Punti diversi del fiume, la variazione mostra uno sguardo che scruta la sponda in cerca di qualcosa che pare illusorio.

5 溯洄从之
Sù huí cóng zhī

Risalendo la corrente per seguirla
溯洄从之
Sù huí cóng zhī

Risalendo la corrente per seguirla
溯洄从之
Sù huí cóng zhī

Risalendo la corrente per seguirla
Ostinata ricerca
L'azione disperata e faticosa di risalire la corrente è sempre la stessa, un tentativo eroico, persistente e vano.

6 道阻且长
Dào zǔ qiě cháng

La via è ostacolata e lunga

道阻且跻
Dào zǔ qiě jī

La via è ostacolata e ripida


道阻且右
Dào zǔ qiě yòu

La via è ostacolata e torta/insidiosa


L'ostacolo
L'ostacolo si moltiplica e si trasforma. Non è solo una questione di distanza (1°), ma anche di fatica fisica (2°) e di pericolo e inganno (3°). L'impedimento si fa più complesso.
7 溯游从之
Sù yóu cóng zhī

Discendendo la corrente per seguirla
溯游从之
Sù yóu cóng zhī

Discendendo la corrente per seguirla

溯游从之
Sù yóu cóng zhī

Discendendo la corrente per seguirla

Ogni sforzo è vano
Ogni tentativo di risalire la corrente pare vanificato e l'autore torna indietro.



8 宛在水中央
Wǎn zài shuǐ zhōngyāng

Pareva fosse nel centro del fiume.

宛在水中坻
Wǎn zài shuǐ zhōng chí

Pareva essere su un'isolotto nel fiume

宛在水中沚
Wǎn zài shuǐ zhōng zhǐ

Pareva essere su un banco di sabbia nel fiume

Illusione
L'illusione si concretizza in luoghi sempre più specifici. Questo rende la sua irraggiungibilità non una lontananza, ma una straziante illusione dell'oggetto stesso del desiderio.

金风玉露 jīn fēng yù lù Vento dorato e rugiada di giada (parte 2)

金风玉露
jīn fēng yù lù
Vento dorato e rugiada di giada

金风玉露 jīn fēng yù lù Vento dorato e rugiada di giada

(Parte 2°)


Carissimi amici, 

come promesso, ecco la secondo parte di questa analisi sul chengyu: 金风玉露 (jīn fēng yù lù - vento dorato e rugiada di giada). 

Oggi vedremo come il significato di questa frase sia cambiato dalla poesia di Li Shangyin, che si colloca temporalmente nella fase di decadenza della dinastia Tang, fino alla dinastia Song, con il bellissimo poema di 秦观 (qín guān) Qin Guan che qui vi riporto con una traduzione che ho scritto cercando di conciliare la correttezza del significato e la poetica del testo.


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Le tenui nuvole intessono forme ingegnose

《鹊桥仙·纤云弄巧》宋·秦观 *
纤云弄巧,飞星传恨,银汉迢迢暗度。
金风玉露一相逢,便胜却人间无数。
柔情似水,佳期如梦,忍顾鹊桥归路。
两情若是久长时,又岂在朝朝暮暮。

Traduzione

鹊桥仙 (quèqiáo xiān) Gli immortali sul ponte di gazze (genere poetico-musicale 词牌 cípái) 
纤云弄巧(xiān yún nòng qiǎo) Le tenui nuvole intessono forme ingegnose (titolo)
宋 (sòng) Dinastia Song 
秦观 (qín guān) Autore

纤云弄巧,
xiān yún nòng qiǎo
Le tenui nuvole intessono forme ingegnose,

飞星传恨,
fēi xīng chuán hèn
le stelle cadenti recano un messaggio di dolore,

银汉迢迢暗度。
yín hàn tiáotiáo àn dù
Attraversano furtivamente questo fiume d'argento, vasto e sconfinato.

金风玉露一相逢 ,
jīn fēng yù lù yī xiāng féng
Vento d'oro e Rugiada di giada s’incontrano,

便胜却人间无。
biàn shèng què rénjiān wúshù。
questo solo momento che supera infiniti incontri terreni.

柔情似水,
róu qíng sì shuǐ
un tenero sentimento che scorre come un fiume,

佳期如梦,
jiā qī rú mèng
un così dolce appuntamento che pare un sogno.

忍顾鹊桥归路。 
rěn gù què qiáo guī lù
come volgere lo sguardo alla via del ritorno sul Ponte di Gazze?

两情若是久长时,
liǎng qíng ruò shì jiǔ cháng shí
ma se questi due sentimenti possono durare tanto a lungo,

又岂在朝朝暮暮。
yòu qǐ zài zhāozhāo mùmù
allora cosa importa stare assieme ogni giorno?


Cosa cambia rispetto alla poesia di Li Shangyin

In questa poesia non si parla più di dolore per la separazione, di precarietà della felicità, della fatalità del tempo che passa, si tratta bensì di un messaggio di speranza e di elevazione del sentimento. 

L’incontro sul ponte di gazze, sebbene breve e afflitto dal dolore della lunga mancanza, è così perfetto e intenso che il suo valore trascende qualsiasi lontananza e qualsiasi relazione comune, tanto che Qin Guan conclude affermando che per un amore così profondo ed eterno, stare insieme ogni giorno non è poi così importante.

"金风玉露" assume così una doppia anima: da un lato quella donatagli da Li Shangyin con il dolore della separazione e la fatalità del tempo che passa, dall'altro quella di Qin Guan che dona speranza e la consapevolezza che l'amore vero trionfa su ogni distanza. “Vento Dorato e Rugiada di Giada" è la perfetta, poetica sintesi di tutto questo.

VI lascio adesso all'articolo scritto dalla nostra Rui Wen sull'argomento con la traduzione in italiano.

金风玉露 jīn fēng yù lù Vento dorato e rugiada di giada

 金风玉露
jīn fēng yù lù
Vento dorato e rugiada di giada

金风玉露 jīn fēng yù lù Vento dorato e rugiada di giada


Carissimi lettori,

forse ricorderete la celebre storia d’amore di cui abbiamo parlato giusto un paio di mesi fa, la leggenda del Bovaro e della Tessitrice. Per chi non l’avesse letta o non la ricordasse ecco il link con la storia: https://chengyugushiitaliano.blogspot.com/2025/08/queqiao-xianghui-incontrarsi-sul-ponte.html

Questa meravigliosa leggenda è all’origine della festa del 七夕Qīxì, la festa del doppio sette o degli innamorati, ma non solo, è legata a uno dei chengyu più belli e poetici della lingua cinese: "金风玉露" (Jīn Fēng Yù Lù), vento dorato e rugiada di giada".

Quest'espressione richiama lo scenario autunnale ed evoca un incontro d’amore breve e prezioso, proprio come quello del Bovaro e della Tessitrice, costretti a incontrarsi solo una notte dell’anno su un ponte di gazze che attraversa la via lattea. La sua origine la troviamo in due poesie del passato:

  • la prima, la più antica, è: “La settima notte del festival di Qīxì, dell'Anno Xīnwèi” di Li shangyin, dinastia Tang;
  • la seconda, forse la più celebre, è: “Immortale al ponte di gazze - sottili nuvole che si intessono per creare l’incontro” di Qín Guān, dinastia Sòng. 

In questo articolo parlaremo della prima poesia, la più antica, scritta da Li Shangyin, nel prossimo invece parleremo della seconda poesia che ha reso celebre questa espressione.


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《辛未七夕》唐·李商隐
“Xīn wèi qīxì” táng·lǐshāngyǐn
“La settima notte del festival di Qīxì, dell'Anno Xīnwèi” di Li shangyin, dinastia Tang.

Li Shangyin du il primo poeta ad usare 金风玉露 (jīn fēng yù lù) in una poesia dedicata alla festa del Qixi fu. Questo meraviglioso poeta della tarda Dinastia Tang, che molti probabilmente ricordano da qualche articolo precedente, ha visto la sua vita segnata dall'esilio politico, dal mancato riconoscimento del suo lavoro e soprattutto dalla perdita della moglie, morta molto giovane.

Per Li Shangyi la separazione era una realtà molto dolorosa ed è in questa profonda malinconia che ha preso forma il chengyu 金风玉露 (jīn fēng yù lù).

Ecco la sua poesia: “La settima notte del festival di Qīxì, dell'Anno Xīnwèi” di Li shangyin, dinastia Tang.

恐是仙家好别离,
kǒng shì xiānjiā hǎo biélí,
Forse agli dei amano le separazioni,

故教迢递作佳期。
gù jiào tiáodì zuò jiāqī.
per questo hanno concesso un appuntamento tanto raro e difficile.

由来碧落银河畔,
yóulái bìluò yínhé pàn,
Da tempo immemore il cielo smeraldino costeggia la Via Lattea,

可要金风玉露时。
kě yào jīn fēng yù lù shí.
doveva proprio avvenire al tempo del vento dorato e della rugiada di giada.

清漏渐移相望久,
qīng lòu jiàn yí xiāng wàng jiǔ,
L’acqua della clessidra scorre implacabilmente, a lungo si guardano,

微云未接过来迟。
wēi yún wèi jiē guòlái chí.
le nuvole sono sottili e tardano ad intrecciarsi.

岂能无意酬乌鹊,
qǐ néng wúyì chóu wūquè,
Come è possibile non essere grati alle gazze

惟与蜘蛛乞巧丝。
wéi yǔ zhīzhū qǐ qiǎo sī.
e pregare i ragni per il filo dell’abilità.

In questa poesia Li Shangyin sembra infondere tutte le tribolazioni della propria vita: il dolore della separazione, la precarietà della felicità, la fatalità di un tempo che scorre sempre inesorabile, l’emarginazione e l’arrivismo umano. 

Proviamo per un attimo ad entrare nella mente di Li Shangyin e immaginarci la prosa di questa poesia nella sua mente. 

Pare che gli immortali amino le lunghe separazioni, per questo fissano lontano nel tempo il momento del ritrovarsi. 

Da sempre la via lattea scorre nel cielo eppure ci è dato vivere questo momento solo per un tempo limitato come i colori dell’autunno nel vento che rapidamente svaniscono, o la rugiada verde smeraldo del mattino che scompare al sole.

Così ci guardavamo, mentre la clessidra scandiva quel tempo assieme, mentre anche il cielo o il destino parevano pigri nel volerci unire.

Come si può in tutto questo non essere grati alle gazze che ci hanno unito e pregare invece i ragni affinché ci donino il filo dell’abilità.



一诺千金 yí nuò qiān jīn - Una promessa vale mille in oro

 一诺千金
yí nuò qiān jīn
Una promessa vale mille in oro


一诺千金 yí nuò qiān jīn Una promessa vale mille in oro


All'inizio della dinastia Han Occidentale, viveva un famoso generale del regno di Chu di nome 季布 (jì bù). Di aspetto imponente e elegante, con una voce potente e risonante, la qualità che più ispirava ammirazione era la sua integrità nel mantenere sempre la parola data senza mai venir meno agli impegni.

Per le strade e i vicoli di Chang'an, tutti sapevano: quando Ji Bu prometteva qualcosa, non importavano le difficoltà, avrebbe trovato il modo di mantenerla.

Una volta, una persona si presentò frettolosamente da Ji Bu chiedendo il suo aiuto. Ji Bu sorrise semplicemente e dichiarò con tono fermo: "Bene, ti aiuterò!"

Queste semplici parole riempirono il cuore di quell'uomo di infinita tranquillità. Tornò di corsa a casa tutto entusiasta, raccontando a tutti: "La cosa si farà sicuramente! Perché me l'ha promesso Ji Bu!"

Pian piano la storia si diffuse in tutta Chang'an. La gente comprese che una sola parola di Ji Bu era più affidabile di mille chili d'oro.

Così tra la gente cominciò a circolare una frase lodata da tutti: "Ottenere cento chili d'oro non equivale a ottenere una promessa di Ji Bu".

Da allora, 一诺千金, "Una promessa vale mille oro" divenne il più alto elogio riservato dalla posterità a chi mantiene la parola data. Ci insegna che: l'onestà è la ricchezza più preziosa al mondo, più dell'oro e dell'argento.


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Carissimi amici,

questa bella storia preparata da Rui Wen trae origine dalle Memorie dello Storico (史记 Shǐjì) di Sima Qian (circa 145-86 a.C.), opera fondamentale della storiografia cinese da cui abbiamo tratto anche altri racconti. Chi fosse interessato può acquistarla a questo link.

Memorie storiche Edizione integrale Volume 


无用之用 wúyòng zhī yòng L’essere inutile è la sua più grande utilità

无用之用
wúyòng zhī yòng
L’essere inutile è la sua più grande utilità

无用之用 wúyòng zhī yòng L’essere inutile è la sua più grande utilità


Carissimi lettori,

la frase di oggi proviene da un antico racconto dello Zhuangzi, un testo ricco di saggezza che molti di voi, specialmente chi ci segue, conoscono bene.

Questo racconto si addentra nel concetto di utilità, un’utilità sia per le cose del mondo che per gli esseri che lo abitano e sfida la comune idea che siano utili solo le cose che hanno un fine.

Lo Zhuangzi, invece, ci invita ad ampliare lo sguardo, suggerendo che talvolta anche ciò che appare inutile può rivelarsi molto utile. 

Con la sua ironia e profondità, Zhuangzi ci mostra uno spiraglio alternativo in un mondo dove competitività, produttività ed efficienza sembrano obblighi ormai irrinunciabili.

La frase 无用之用 (wúyòng zhī yòng – “l’inutile è utile”) è spesso usata per descrivere attività, condizioni o aspetti della vita che, pur sembrando privi di scopo, possono in realtà rivelarsi di grande valore.

Per chi fosse interessato ad acquistare una copia dello Zhuangzi, ecco il link dove trovarlo: Clicca qui


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Il maestro Shi e l'arte dell'inutile (tratto e tradotto da Zhuangzi)

"Il maestro carpentiere Shi si recò nello stato di Qi. Giunto a Quyuan, vide l'albero sacro di Li.

Era così grande da poter ombreggiare migliaia di buoi. Aveva una circonferenza di cento braccia e il solo tronco un'altezza di dieci ren. Aveva rami così massicci che ognuno avrebbe potuto essere scavato per farne una barca.

La folla lo ammirava come fosse in un mercato, ma il carpentiere non gli diede neppure un'occhiata e proseguì senza fermarsi.

Il suo apprendista, dopo averlo osservato a lungo, raggiunse il maestro e disse: "Da quando brandisco l'ascia al vostro seguito, non ho mai visto un albero così magnifico. Perché rifiutate persino di guardarlo e continuate a camminare?"

Il maestro rispose: "Non parliamone! È legno marcio. Se ne facessi una barca, affonderebbe; se una bara, marcirebbe presto; se utensili, si spezzerebbero; se porte, colerebbero resina; se colonne, verrebbero tarlate. È un albero inutile, privo di qualsiasi utilità. Proprio per questo è così vecchio."

Quando il maestro carpentiere Shi tornò a casa l'albero sacro di Li gli apparve in sogno, dicendo: "A cosa mai mi stai paragonando? Forse mi confronti con gli alberi ornamentali? Guarda i meli cotogni, i peri, gli aranci, i pompelmi e gli altri alberi da frutto: quando i loro frutti maturano, vengono spogliati, umiliati, con i rami grandi spezzati e quelli piccoli strappati.

È proprio la loro abilità nel produrre quei frutti a rendere tanto amara la loro esistenza.

Così non completano il loro naturale termine di esistenza, ma giungono a una fine prematura a metà del loro tempo, attirandosi addosso la distruzione. Così come è per tutte le cose una volta utilizzate. Tutte le cose seguono questa logica.

A lungo ho cercato di capire come mai fossi così inutile, e più volte sono quasi morto per lo sforzo di questa ricerca. Perché questi rami curvi e ricurvi, inutili per un qualsiasi attrezzo? Perché non do alcun frutto da poter mangiare? Perché il mio legno è così poco resistente, inutilizzabile per una qualsiasi costruzione?

Ma ora ho imparato, ho imparato che è l’inutilità la mia più grande utilità.

Se fossi stato utile, avrei mai potuto crescere così maestoso?

Inoltre, tu ed io siamo entrambi cose della natura: con quali diritto una cosa della natura dovrebbe giudicarne un’altra?

Come puoi tu, uomo inutile, comprendere me, un albero inutile?"

Il carpentiere si svegliò e ripensò a quel sogno, e quando l'apprendista chiese al maestro:

"Se questo albero cerca così ostinatamente l'inutilità, perché allora serve come albero sacro?"

"Stai zitto", fu la risposta del maestro, "e non dire una parola. È semplicemente cresciuto qui; e quindi chi non lo conosce non ne parla male come di una cosa malvagia. Se non fosse usato come albero sacro, correrebbe il rischio di essere abbattuto? Inoltre, la logica con cui viene conservato è diversa da quella con cui vengono conservate le cose in generale; non è forse fuori luogo spiegarlo con il sentimento che hai espresso?"

牛郎织女 niúlángzhīnǚ - Il bovaro, la tessitrice e la loro struggente storia d'amore.

牛郎织女
Il bovaro, la tessitrice
e la loro struggente storia d'amore.

鹊桥相会 quèqiáo Xiānghuì - Incontrarsi sul ponte di gazze

Carissimi lettori di chengyugushiitaliano,

il racconto di oggi trae ispirazione dalla celebre e antica leggenda di 牛郎 (niúláng) e 织女 (zhīnǚ): una struggente storia d’amore tra un povero bovaro e una tessitrice celeste, separati dal destino e dalle leggi del cielo. 

È proprio da questa leggenda che nasce la festa del 七夕 (qīxì), il festival cinese degli innamorati, conosciuto anche come "festa del doppio sette", celebrato il settimo giorno del settimo mese del calendario lunare – che quest’anno cadrà il 22 agosto 2025.

Spero che questo nuovo racconto vi emozioni e vi invito a seguire chengyugushiitaliano su Facebook per non perdervi le prossime Storie Chengyu.

金狄
Federico Zinelli
Autore e curatore


Libreria di chengyugushi italiano

牛郎织女 niúláng zhīnǚ - Il bovaro, la tessitrice e la loro struggente storia d'amore.

Un vecchio artista di strada a Chang’an

Il sole, un disco di rame incandescente, fa capolino dietro la nera silhouette delle mura di Chang’an, tingendo le nuvole di porpora e zafferano.

Le ombre si allungano come dita affusolate, mentre il velo ambrato del tramonto si posa pigro su ogni cosa, stemperando ogni colore. 

Le prime stelle compaiono timidamente, una dopo l’altra, in un cielo che, attimo dopo attimo, si fa sempre più profondo.

Entro in città e la vita frenetica per le strade mi risveglia da quell’incanto. 

Qua e là si accendono le lanterne; i bambini giocano sotto lo sguardo attento dei genitori affacciati ai portici delle locande. Nell’aria si diffondono i profumi delle focacce e della carne alla griglia.

Dispongo le mie maschere a terra e accendo le lampade a olio attorno a me. Il palcoscenico è pronto: 

«Venite, gente di Chang’an! Oggi è il settimo giorno del settimo mese.
Venite ad ascoltare la storia di 织女 (Zhīnǚ) e 牛郎 (Niúláng)!»

I bambini accorrono eccitati. Come ogni anno, una piccola folla si raccoglie intorno a me: visi curiosi, genitori sorridenti, anziani che conoscono ogni parola, ma attendono, come sempre, la magia del racconto.

Lascio che cali il silenzio. Poi indosso la prima delle mie maschere...


La maschera del bue celeste

Cari bambini, mi avete riconosciuto?
Sono io, il Bue Celeste!

Lo so, un tempo ero un magnifico generale alla corte dell’Imperatore di Giada. Tutti mi rispettavano e ovunque andassi, mi accoglievano con onore.

Poi, un giorno, per una mia disattenzione, feci cadere una preziosa giara contenente la rugiada dell’immortalità… e per questo venni esiliato sulla Terra, condannato a vivere nelle sembianze di questo animale.

Ma non voglio annoiarvi con le mie sventure. No, no! Oggi sono qui per raccontarvi una splendida storia d’amore: quella di Niulang, il giovane bovaro che si è preso cura di me per tanti anni, e di Zhinü, la tessitrice del firmamento, figlia dell'Imperatore di Giada.

Niulang era davvero un bravo ragazzo, e anche un mio caro amico, sapete?

Avrei tanto desiderato per lui una vita felice, con una buona moglie e dei figli. Ma era solo, povero, e nessuna ragazza voleva sposarlo.

Sembrava che tutto sarebbe rimasto così per sempre… Finché un giorno, io non scoprì, per puro caso, che le sette fate celesti, scendevano ogni notte sulla Terra per bagnarsi nello Stagno di Giada (瑶池 Yáochí).

Così, una notte, apparvi in sogno al mio giovane amico e gli dissi: “Domani all’alba vai al lago e prendi gli abiti di una fata. Non voltarti mai indietro… e avrai una sposa divina!”

Mi volto e con un gesto rapidissimo, scambio la maschera del Bue con quella di Niúláng.


瑶池 Yáochí - lo Stagno di Giada

Ho faticato non poco per raggiungere questo lago. Ma ciò che mi si è aperto davanti agli occhi è di una bellezza indescrivibile.

Sette fanciulle meravigliose, avvolte in leggere vesti di seta danzano nell’aria e librandosi leggere sopra l’acqua che risplende alla luce della luna. I loro lunghi capelli, i volti giovani e radiosi, la luce che le circonda... sono chiaramente creature di un altro mondo.

 

Ed ecco che ritorna la maschera del Bue Celeste:

“Prendi le vesti, non lasciarti distrarre da tanta bellezza!” 


Poi di nuovo la maschera di Niulang:

Mi dissi: “Presto… prima che tanta meraviglia dissolva ogni mia volontà!” 

Raccolsi le vesti che erano più vicine a me e corsi via fino alla mia capanna.

Lì, seduto, rimasi molto tempo rimproverandomi per quel che avevo fatto. Mi sentivo in colpa per aver rubato le vesti a simili straordinarie creature, ma, al tempo stesso ero anche colmo di gratitudine per tanta bellezza.

Quelle visioni mi stavano sopraffacendo… Ma svanirono all’istante quando sentii qualcuno bussare alla porta. 

Aprì con esitazione e davanti a me apparve una figura avvolta da un’aura di luce: una giovane fata, bellissima, tremante, quasi in lacrime. Era venuta a cercare la sua sopravveste.

Mi bastò uno sguardo per perdere il cuore. La sua luce si fece più tenue, il suo corpo prese la consistenza di questo mondo e in quell’istante, il tempo si fermò.

Nulla esisteva più: solo io e lei, persi l’uno negli occhi dell’altra.


La maschera del bovaro si allontana lentamente dalla luce e come per magia ritorna il bue celeste

Niulang e Zhinü si innamorarono al primo sguardo. 

Lei riconobbe subito il cuore puro e sincero del mio custode e lui le donò il proprio cuore, senza alcuna riserva.

Si sposarono, ebbero due figli e vissero felici sulla Terra per tre splendidi anni, amandosi perdutamente, profondamente e condividendo insieme le gioie e i dolori di questo mondo tanto splendido quanto, a volte, spietato.

Sarebbe bello poter dire che la storia finì qui…





L'ira dell'imperatore celeste

Tre anni sulla Terra non sono che pochi istanti nel mondo celeste. E quando l’Imperatore di Giada scoprì che sua figlia si era unita in matrimonio con un semplice bovaro, tradendo la sua volontà e infrangendo l’ordine cosmico stabilito, mandò i suoi generali per riportare Zhinü in cielo.

Fu proprio quel giorno che io, il Bue Celeste, giunsi alla fine del mio cammino terreno. Il mio destino era ormai compiuto: tornare a brillare nel firmamento, ma avevo in serbo un'ultima magia per i miei giovani amici.


Ed ecco che si palesa la maschera di Zhīnǚ. Un volto di porcellana sottile, plasmato con estrema delicatezza. Gli occhi e la bocca sono disegnati con fili d’argento: un viso bellissimo, fragile e colmo di malinconia.

I miei bambini piangevano e si aggrappavano disperatamente alla mia veste, mentre una pioggia di fulmini squarciava il tetto della nostra capanna.

Mio amato Niulang, non potesti fare nulla contro i dodici generali celesti in armatura di giada che mi portarono via da te.



Un rullo di tamburo richiama il rumore del tuono. La maschera di Zhinü svanisce nell’oscurità, lasciando spazio a quella di Niulang.

"Mio fedele bue... hanno portato via la nostra Zhinü. Se solo tu fossi ancora qui per aiutarmi."

In lacrime afferrai le corna del mio amico e, non so come, d’un tratto si trasformarono in due grandi ceste volanti, capaci di sollevarmi da terra e inseguire nel cielo il carro della mia amata. 

Non esitai un istante e saltai su di esse assieme ai nostri bambini, volando rapido verso il cielo d’occidente.

Purtroppo però, nemmeno quell'ultima magia poté nulla quando la Regina Madre estrasse la sua spilla d’oro e squarciò il velo del cielo. Da allora questo immenso fiume d’argento, 银河 (yínhé), la Via Lattea, ci separa.


La pietà del cielo

Lentamente torna la maschera del bue, per raccontare l'ultima parte di questa storia.


Non esiste legge del cielo senza pietà o compassione.

Venne infatti il giorno in cui le gazze, commosse dall’amore puro di Zhinü e Niulang, formarono un ponte con le loro ali per ricongiungerli. 

Era il settimo giorno del settimo mese lunare e da allora, ogni anno, proprio in quella data, questo miracolo si ripete. 

Per questo si dice che, nelle notti del Qixi, ascoltando sotto i tralci della vite, si possono udire i sussurri d’amore di Zhinü e Niulang; e che, dopo quella notte, le gazze perdono molte delle loro piume per la fatica del volo.


迢迢牵牛星
tiáotiáo qiān niú xīng
Una splendida poesia della dinastia Han.

迢迢牵牛星,皎皎河汉女。
tiáotiáo qiān niú xīng, jiǎojiǎo héhàn nǚ.
Remota e distante arde la stella del Bovaro,
pura e fredda brilla la fanciulla del Fiume Celeste.

纤纤擢素手,札札弄机杼。
xiānxiān zhuó sùshǒu, zhá zhá nòng jīzhù.
Sottili e affusolate si protendono le mani di giada,
sonoro e ininterrotto batte il telaio senza sosta.

终日不成章,泣涕零如雨。
zhōngrì bùchéng zhāng, qì tìlíng rú yǔ. 
Ma in tutto il giorno nulla viene tessuto,
solo lacrime che cadono come pioggia.

河汉清且浅,相去复几许?
héhàn qīng qiě qiǎn, xiāngqù fù jǐxǔ?
Limpido e poco profondo scorre il Fiume Celeste,
l’uno dall’altra ci separa una distanza indefinibile.

盈盈一水间,脉脉不得语。 
yíngyíng yī shuǐ jiān, mò mò bùdé yǔ.
Limpido e cristallino ci divide questo velo d’acqua,
amorevole ed eterno resta muto il nostro sguardo.

Riferimenti Astrologici nella Leggenda di Niúláng e Zhīnǚ

Altair
Il bovaro Niulang 牛郎 (niúláng) è associato alla stella Altair che in cinese si chiama 牵牛星 qiānniúxīng - mandriano o bovaro). Altair fa parte della costellazione dell’Aquila, questa stella ha due piccole stelle (β e γ Aquilae) che sono appunto i figli di Niulang e Zhinü.

Vega
La tessitrice Zhinü 织女 (zhīnǚ) è associata a Vega che in cinese si chiama appunto 织女星 zhīnǚxīng - tessitrice), Per noi occidentali Vega fa parte della Lira ma nell'astrologia cinese, assieme ad altre quattro stelle, forma la costellazione del grande telaio celeste.

Via Lattea
La via lattea ha il ruolo mitico di separare questi due amanti ed è chiamata in cinese 银河 (yínhé - fiume d'argento).

背水一战 bèi shuǐ yī zhà - Lottare con il fiume alle spalle

背水一战
bèi shuǐ yī zhà
Lottare con il fiume alle spalle



Capitolo 1: Lottare con il fiume alle spalle

"Quando le truppe Han assalirono il nostro campo, il cielo divenne rosso come il sangue. Io e i miei compagni, terrorizzati, fummo certi che si trattasse di un castigo divino. Il generale urlava che era solo un trucco di Han Xin, ma il nostro morale era ormai spezzato. Fu così che perdemmo la battaglia." (1)

Senza preavviso, una folata di vento irrompe dalla finestra, interrompendo il racconto del vecchio che siede di fronte a me.

Il turbine ha portato con sé granelli di sabbia dorata, che ora scintillano alla luce del fuoco come lucciole in una notte di primavera.

Il suo volto somiglia alla roccia dell’Ordos: arido, screpolato, segnato dal tempo.

La sua pelle racconta di inverni infiniti trascorsi a sfidare il gelo, e di estati implacabili sotto il sole rovente di una terra aspra, ostile, quasi desertica.

I suoi occhi, opachi come quarzo levigato, fissano ombre che solo lui riesce a vedere. Pare quasi che la steppa lo stia chiamando. La sua mano si alza nel vento, come a leggere nei granelli di sabbia i ricordi di un tempo lontano.

Un pazzo, un bugiardo, o forse un uomo davvero benedetto da una così lunga vita. 

Sono passati quasi novant’anni, eppure questo vecchio eremita afferma di essere stato presente quel giorno, quando l’esercito del generale 陈余 Chén Yú di Zhao (后找过 Hòu Zhǎoguò), con oltre duecentomila uomini, fu annientato da soli trentamila soldati.

“Il generale era così convinto della nostra superiorità numerica che disdegnò ogni consiglio di prudenza. Noi stessi eravamo tutti convinti di quella vittoria, tanto che quando 韩信 (Hánxìn) fece schierare i propri uomini con il fiume alle spalle, impossibilitati a qualsiasi ritirata, ridemmo della sua stoltezza.” (2)

“Ma quella che sembrava una mossa insensata si rivelò una trappola fatale per il nostro esercito.” Il vecchio si fermò un istante: forse il fiume dei ricordi era diventato troppo impetuoso. Poi riprese: “Impossibilitati a fuggire, gli uomini di Han Xin trovarono dentro di sé una furia disperata. Quella forza sovrumana che prende chi, sull’orlo della morte, lotta con tutto sé stesso per sopravvivere. E questo Han Xin lo sapeva.”

Una strategia disperata, spietata... o forse geniale?

Se in guerra tutto è concesso, un generale può davvero permettersi qualsiasi cosa?

Una cosa è certa: se Han Xin non avesse rischiato tanto, il suo esercito sarebbe stato annientato.

Lascio quella vecchia capanna, una sferzata di vento mi trova impreparato e la sabbia colpisce i miei occhi. 

Che tu sia davvero il vecchio soldato che dici di essere? 

Forse è davvero come diceva Sun Tzu: “Metti i tuoi soldati in una terra desolata e allora sopravviveranno; intrappolali in una terreno mortale e allora vivranno” (3)

Non una benedizione è di certo questo ambiente infido che ti ha tenuto in vita così a lungo.

Scritto da Federico Zinelli (金狄)


Capitolo 2: Riferimenti nel racconto

(1) Liberamente tratto dal commentario allo 史经 (Shǐ jīng “Memorie di uno storico” di 司马迁 sīmǎqiān) scritto da Sima Zhen (《史记索隐》shǐjì suǒ yǐn, VII sec. d.C.).【索隐】 赵老传云:汉兵袭赵壁时,天赤如血,赵卒大骇,以为神罚。陈馀叱曰:‘此不过韩信诈耳!’然军心已散。

"[Nota di Sima Zhen]: Il 'Racconto degli Anziani di Zhao' narra: 'Quando le truppe Han assalirono l'accampamento di Zhao, il cielo divenne rosso sangue. I soldati di Zhao, terrorizzati, lo interpretarono come un castigo divino. Chen Yu gridò: "Questo è solo un inganno di Han Xin!", ma il morale era già collassato.'"

(2) Liberamente tratto da 《史记·淮阴侯列传》 (Shiji, Biografia del Marchese di Huaiyin - Han Xin) è 司马迁 (Sima Qian), il grande storico della dinastia Han occidentale (西汉, 206 a.C. - 24 d.C.). 《史记·淮阴侯列传》「信乃使万人先行,出,背水陈。赵军望见而大笑。」Han Xin fece avanzare 10.000 uomini, schierandoli con le spalle al fiume. I soldati Zhao, vedendoli, scoppiarono a ridere.

(3) Liberamente tratto da 《孙子兵法》 (Sūnzǐ bīngfǎ, l'arte della guerra di Sun Tzu). 《孙子兵法·九地篇》「投之亡地然后存,陷之死地然后生。」"Metti i tuoi soldati in una terra desolata e allora sopravviveranno; intrappolali in una terreno mortale e allora vivranno."


Capitolo 3: Spiegazione del racconto

Carissimi lettori,

Questa breve suggestione trae origine da un importante evento storico: 井陉之战 (Jǐngxíng zhī zhàn, la Battaglia di Jingxing), in cui si scontrarono l’esercito Han, guidato da Han Xin, e le truppe di Zhao, comandate da Chen Yu.

La battaglia è passata alla storia grazie alla strategia messa in atto da Han Xin, da cui ha avuto origine il celebre chengyu 背水一战 (bèi shuǐ yī zhàn, “Combattere con le spalle al fiume”).

A raccontarci questo episodio è la nostra inseparabile collaboratrice Ruiwen.


Capitolo 4: Origine dell’idioma chengyu 背水一战 

Significato dell’idioma

L’espressione 背水一战 (bèi shuǐ yī zhàn) ha origine dalle Memorie Storiche – Biografia del Marchese di Huaiyin, scritte dallo storico Sima Qian durante la dinastia Han occidentale.

Racconta l’episodio in cui il leggendario generale Han Xin, con straordinario acume strategico, schierò volontariamente il suo esercito con le spalle a un fiume, impedendo qualsiasi possibilità di ritirata.

Quella scelta audace, all’apparenza suicida, spinse i soldati a combattere con un’energia disperata e indomabile, che li condusse alla sorprendente vittoria contro l’esercito di Zhao.

Significato letterale: Combattere con le spalle al fiume, senza via di fuga.

Significato figurato: Affrontare una situazione senza alternative, in cui l’unica possibilità è dare tutto sé stessi per vincere.

Oggi viene usato in ambito sportivo, lavorativo o in sfide personali, per descrivere momenti in cui si combatte con determinazione assoluta, senza possibilità di ritorno.

Scritto da Rui Wenzhu


Capitolo 5: La Storia del chengyu

Nella Cina di duemila anni fa, agli albori della dinastia Han, il generale Han Xin era considerato uno dei più brillanti strateghi al servizio dell’imperatore Liu Bang.

Mentre questi combatteva per il controllo dell’impero contro il suo rivale Xiang Yu, Han Xin ricevette l’ordine di muovere a nord e attaccare il Regno di Zhao.

Il generale Chen Yu, a capo di un esercito numeroso e motivato, marciò incontro a Han Xin, la cui forza era nettamente inferiore.

Ma invece di ritirarsi o cercare una posizione difensiva, Han Xin compì una mossa impensabile: schierò le sue truppe con le spalle a un fiume, tagliando ogni via di fuga.

I soldati, sconvolti, pensarono: "È un suicidio! Se perdiamo, non potremo nemmeno scappare!"

Eppure il piano era audace e calcolato:

Fingere disorganizzazione, per spingere i Zhao a sottovalutarli.

Infiltrare un commando segreto nell’accampamento nemico per sostituire le bandiere di Zhao con quelle degli Han.

Combattere con ferocia assoluta, perché non esisteva altra scelta se non la vittoria.

Quando i soldati di Zhao videro il loro accampamento in fiamme e le bandiere nemiche sventolare sopra di esso, il panico si diffuse tra le loro file.

La battaglia, che sembrava già decisa, si trasformò in una clamorosa vittoria per Han Xin.

Quell’episodio divenne leggenda — e con esso nacque il proverbio: 背水一战 (bèi shuǐ yī zhàn) – combattere con le spalle al fiume.


Capitolo 5: Testo in cinese di Rui Wenzhu

一、成语起源

“背水一战”这个成语出自《史记·淮阴侯列传》,作者是西汉著名史学家司马迁。这个成语讲的是汉朝著名将领韩信在战争中用兵如神,故意将军队布置在背后是河的地方,让士兵们没有退路,从而激发出他们的拼命精神,最终打败了强敌赵军。

背水一战 拼音:bèi shuǐ yī zhàn

字面意思是:背靠着水与敌人作战,表示没有退路,只能死战到底。

引申义:形容在没有退路的情况下下定决心,全力以赴地拼搏,孤注一掷地争取胜利。

二、成语故事

在两千多年前的汉朝初期,有一位非常有名的将军,名叫韩信。他不仅聪明,而且懂得用兵之道,是刘邦手下最厉害的将领之一。

当时,刘邦正在和项羽争夺天下。韩信奉命带兵去攻打北方的赵国。赵国的大将陈余听说韩信来了,也带领大军迎战。赵军兵多将广,士气高涨,而韩信的军队人数较少,看起来一点优势也没有。

聪明的韩信却并没有害怕。他反而做了一件非常奇怪的事:他把自己的军队布置在一条大河的旁边,背后就是水,等于是断了所有人的退路。很多士兵都很害怕,心想:“这样不是自投死路吗?万一打不过,连逃都没法逃了!”

但韩信心中自有妙计。他故意让敌人觉得自己的军队没有准备好、毫无章法,好让敌军轻敌。

接着,韩信又派出一支精锐部队偷偷绕到赵军的营地后方,趁赵军主力出战时悄悄袭营,把敌人的旗帜换成了汉军的。

与此同时,韩信带领主力大军正面与赵军交战。因为汉军无路可退,每一个士兵都拼尽全力。他们知道,如果输了,就会被敌人杀死,连逃跑的地方都没有。于是大家团结一心,勇猛无比。

赵军一看自己的营地起了大火,旗帜也换了,再看到汉军像不要命一样冲过来,立刻慌了神,很快就被打得大败。

这场看似不可能赢的仗,韩信却用“背水列阵”的方法大获全胜!从此,“背水一战”这个成语就流传下来。

三、互动-你有没有遇到过必须拼尽全力完成一件事的经历?请用中文写一写。

诗中有画 shī zhōng yǒu huà - Nella poesia c’è un dipinto

诗中有画
shī zhōng yǒu huà
Nella poesia c’è un dipinto

诗中有画 shī zhōng yǒu huà Nella poesia c’è un dipinto

La chiamano 吸魂镜 (xīhún jìng) specchio che ruba l'anima. Un arnese alquanto bizzarro fatto di legno e ottone, in grado di intrappolare l’immagine di qualsiasi cosa in una strana lastra argentata.

Molti pensano sia pura stregoneria, altri sono per lo più incuriositi, altri ancora come me si chiedono a cosa serva sprecare ore di lavoro per intrappolare per sempre un’immagine.

Certo, se si trattasse di un incantevole paesaggio, del calore di una riunione familiare, del volto di una bella donna… in quel caso, non potrebbe forse questo straordinario marchingegno vincere il tempo, la decadenza e la morte? Vincere quella eterna maledizione a cui noi tutti siamo soggetti: la maledizione della precarietà della bellezza.

Non è forse questo ciò che per anni hanno provato a fare poeti e scrittori? Lasciare immagini e sentimenti impressi nel tempo? 

E invece, ora come allora, versi e dipinti sono affidati con tanta noncuranza a sottili fogli di riso o di seta. Tanta bellezza lasciata sola a consumarsi in supporti così deperibili. Se mille anni fa avessimo avuto questo portentoso macchinario oggi potremmo vedere i dipinti di Wang Wei.

Il mio sguardo si posa sugli oggetti del mio scrittoio, ne lambisce il bordo e si perde in lontananza sulla parete, dove a un paesaggio reso indistinto dal tempo si accompagna una poesia che si legge appena, ma che conosco bene.

味摩诘之诗,
wèi Mójié zhī shī,
Assaporo la poesia di Wang Wei,

诗中有画;
shī zhōng yǒu huà;
in essa scorgo un dipinto;

观摩诘之画,
guān Mójié zhī huà,
osservo la pittura di Wang Wei,

画中有诗。
huà zhōng yǒu shī.
in essa odo la poesia.


Libreria di chengyugushi italiano

Nella mia mente appare un disegno infinito.  Le colline si susseguono sospese fra le nuvole. Alberi, rocce e ruscelli arricchiscono il paesaggio di dettagli. Un contadino, piccolo, mesto, quasi insignificante in questo mondo senza fine, è immerso nel suo lavoro, inconsapevole, mentre poco lontano una cascata impetuosa squarcia il paesaggio.

Se solo potessi rendere immortale tutto quello che i miei occhi continuano a vedere, tanto è prezioso per me ogni scorcio di questo dipinto. Per me è pace, è bellezza; è un mondo in cui mi rifletto, e forse questo mondo sono io.

La poesia diventa immagine, che a sua volta diventa sentimento, che diventa poesia. La vera bellezza è questa trasformazione: è l’attimo in cui percepiamo l’immensità dentro di noi.

Non esiste precarietà nella bellezza, la bellezza è immortale. La poesia è immortale.

Adesso capisco perché ti chiamano “specchio che ruba l’anima”. Per quanto siano belle le immagini che catturi, ciò che ne rimane, in fondo, sono solo fantasmi. Niente di vivo può essere davvero immortalato.

Carissimi lettori, la storia di oggi è ispirata al chengyu 诗中有画 (shī zhōng yǒu huà, nella poesia c’è un dipinto). Questo idioma descrive poesie che eccellono nel ritrarre paesaggi, facendo sentire i lettori come se fossero immersi in un dipinto. Si riferisce anche a versi dalla straordinaria bellezza poetica.

Torneremo ancora a parlare del legame fra pittura, poesia e filosofia, uno dei percorsi più profondi e affascinanti dell’antica cultura cinese.



Note sull'autore

Federico Zinelli, nome cinese: 金狄
Curatore della pagina chengyugushiitaliano

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