诗中有画shī zhōng yǒu huàNella poesia c’è un dipinto
La chiamano 吸魂镜 (xīhún jìng) specchio che ruba l'anima. Un arnese alquanto bizzarro fatto di legno e ottone, in grado di intrappolare l’immagine di qualsiasi cosa in una strana lastra argentata.
Molti pensano sia pura stregoneria, altri sono per lo più incuriositi, altri ancora come me si chiedono a cosa serva sprecare ore di lavoro per intrappolare per sempre un’immagine.
Certo, se si trattasse di un incantevole paesaggio, del calore di una riunione familiare, del volto di una bella donna… in quel caso, non potrebbe forse questo straordinario marchingegno vincere il tempo, la decadenza e la morte? Vincere quella eterna maledizione a cui noi tutti siamo soggetti: la maledizione della precarietà della bellezza.
Non è forse questo ciò che per anni hanno provato a fare poeti e scrittori? Lasciare immagini e sentimenti impressi nel tempo?
E invece, ora come allora, versi e dipinti sono affidati con tanta noncuranza a sottili fogli di riso o di seta. Tanta bellezza lasciata sola a consumarsi in supporti così deperibili. Se mille anni fa avessimo avuto questo portentoso macchinario oggi potremmo vedere i dipinti di Wang Wei.
Il mio sguardo si posa sugli oggetti del mio scrittoio, ne lambisce il bordo e si perde in lontananza sulla parete, dove a un paesaggio reso indistinto dal tempo si accompagna una poesia che si legge appena, ma che conosco bene.
味摩诘之诗,
wèi Mójié zhī shī,
Assaporo la poesia di Wang Wei,
诗中有画;
shī zhōng yǒu huà;
in essa scorgo un dipinto;
观摩诘之画,
guān Mójié zhī huà,
osservo la pittura di Wang Wei,
画中有诗。
huà zhōng yǒu shī.
in essa odo la poesia.
Nella mia mente appare un disegno infinito. Le colline si susseguono sospese fra le nuvole. Alberi, rocce e ruscelli arricchiscono il paesaggio di dettagli. Un contadino, piccolo, mesto, quasi insignificante in questo mondo senza fine, è immerso nel suo lavoro, inconsapevole, mentre poco lontano una cascata impetuosa squarcia il paesaggio.
Se solo potessi rendere immortale tutto quello che i miei occhi continuano a vedere, tanto è prezioso per me ogni scorcio di questo dipinto. Per me è pace, è bellezza; è un mondo in cui mi rifletto, e forse questo mondo sono io.
La poesia diventa immagine, che a sua volta diventa sentimento, che diventa poesia. La vera bellezza è questa trasformazione: è l’attimo in cui percepiamo l’immensità dentro di noi.
Non esiste precarietà nella bellezza, la bellezza è immortale. La poesia è immortale.
Adesso capisco perché ti chiamano “specchio che ruba l’anima”. Per quanto siano belle le immagini che catturi, ciò che ne rimane, in fondo, sono solo fantasmi. Niente di vivo può essere davvero immortalato.
Carissimi lettori, la storia di oggi è ispirata al chengyu 诗中有画 (shī zhōng yǒu huà, nella poesia c’è un dipinto). Questo idioma descrive poesie che eccellono nel ritrarre paesaggi, facendo sentire i lettori come se fossero immersi in un dipinto. Si riferisce anche a versi dalla straordinaria bellezza poetica.
Torneremo ancora a parlare del legame fra pittura, poesia e filosofia, uno dei percorsi più profondi e affascinanti dell’antica cultura cinese.
Note sull'autore
Federico Zinelli, nome cinese: 金狄
Curatore della pagina chengyugushiitaliano
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